Lascia la comunità Giuseppe Mossa.

Caro Giuseppe, avevo delle cose da dirti e tu ne avevi per me. Sono stati anni che avvertivo forte il desiderio di comunicarti e confidarti alcune cose personali, così come una decina di anni fa tu facesti con me rendendomi partecipe di un dolore enorme, la improvvisa realtà che travolse la tua innata indole pacifica proiettandoti in un tourbillon di novità, arrivate quando non ti aspettavi di vedere sfumare i tanti sacrifici per giungere alla quiete, di goderti una pensione meno traumatica e finalmente dedicarti a tempo pieno alle tue passioni. La musica, il canto, il coro, l’essere sempre a disposizione di chi voleva provare ad intraprendere questa vocazione al canto e al bel suono che per te era una missione quasi come la tua fede incrollabile, cose che ci vedevano distanti ma consapevoli che ben altri sono i problemi tra persone che si sono sempre volute bene, rispettate e considerate con la massima reciproca stima.

Giuseppe caro, ora è difficile scrivere di te senza rivedere i tantissimi episodi che abbiamo vissuto assieme, le comuni passioni per la bicicletta e per la musica che già da sole bastavano per lunghissime chiacchierate senza fine. Però, tu eri Giuseppe, colui che poteva solo insegnare qualcosa agli altri con la stessa umiltà che sempre mi hai mostrato parlandomi di cose straordinarie, facendole apparire del tutto normali. Ricordo ancora un episodio che amavi raccontare. Lavoravi allora come carpentiere nella attività della tua famiglia, e allenarti per le gare non era semplice. Sul traghetto tra Palau e La Maddalena, che raggiungevi la mattina d’estate con le due ruote, “per allenarmi”- dicevi, ma in realtà andavi per lavorare, facesti una attraversata in perfetto surplace. Mezz’ora circa senza cadere o mettere a terra i piedi. Un’ovazione quando il traghetto toccò La Maddalena da parte dei presenti che incuriositi, si erano avvicinati al “ciclista”, come ormai tutti ti conoscevano. Roba mica da ridere per chi sa quanto sia difficile restare in equilibrio su due ruote e senza alcun appoggio.
“Questione di pratica – ti schermivi – tutti possono riuscirci”, mentre ad un semaforo, in una delle numerose uscite assieme, restavi fermo in attesa del verde con tutti gli altri che poggiavamo i piedi per terra per non cadere. O quando spremevi ogni risorsa di energia per massaggiare qualcuno che aveva dei problemi. Un’arte empirica, che tu curavi con sensibilità sapendo dei benefici che poi le persone ti riconoscevano. Sempre in silenzio, senza platealità per qualsiasi dote possedevi, dallo sport alla musica sino a esperienze taumaturgiche che non spacciavi mai per scienza ma per sollievo. E lo facevi senza chiedere mai denaro, a te bastava il grazie e basta. Grande virtù la tua, altruismo e generosità senza un tornaconto, non è roba da tutti. Eri Giuseppe però, quell’amico che non meritava di vivere negative esperienze di vita per le quali hai speso ogni sua energia. Per cosa poi? Per fronteggiare le difficoltà con la tua grande interiorità che ti ha difeso dalla solitudine che si vive anche tra la gente. Avevi superato tutto, quasi tutto. Una bestia infame ti attendeva. L’hai affrontata col coraggio che non ti mancava, con le preghiere che erano la tua quotidiana risorsa, con la tenacia che ti apparteneva, con qualsiasi rimedio che la scienza poteva offrirti.
Che brav’uomo che sei stato, amico mio! E le tue premure verso di me nei miei dolori, e l’esserci sempre quando qualcuno aveva bisogno di conforto, spirituale o fraterno.
Poi, circa due anni fa, l’impietosa realtà di una brutta malattia. Tu che non avevi vizi di nessun genere, che hai più dato che ricevuto, che hai sempre vissuto in equilibrio nella vita come su due ruote, non potevi essere esentato? Mica lo trovo per strada un altro come te che ha sempre cercato il bene degli altri e non ha mai chiesto nulla a nessuno! Ora che la vitaccia amara la stavi superando, che avevi ritrovato il gusto di dedicarti in pieno alla musica, al canto, devo piangere anche te? Ogni tristezza che sto vivendo in questi anni, mi provoca sempre più memorie e “ammenti”. Tu eri speciale Giuseppe, eri quella persona che quando la incontri non ti basta il tempo per capire quanto sei stato prezioso nella vita di tanti, nella mia di sicuro. E non mi basterà il resto della mia vita a narrare di curiosità e simpatiche stranezze che mi dicevi che ho custodito in oltre 25 anni di amicizia.
Per ricordarti, ho scelto la sola cosa che mi lega all’eternità di una vera amicizia, la scrittura. Per tutto il resto, ti ho visto due giorni fa su un letto nelle tue ultime ore, mentre ancora eri respiro e niente di più, e mi piego a quel volere divino in cui tu credevi ed io no. Ciononostante, mi restano tatuate le tue risate fragorose, pochi lo sapevano che sapevi far ridere, i tantissimi racconti tuoi e le uscite su quelle due ruote dove, invano, hai cercato di insegnarmi a restare in equilibrio.
Ciao amico mio, figlio del cielo che porterò con me come un maestro di pace, di serenità, di amore e di altruismo. Come mai ho conosciuto e come mai conoscerò.
Ti voglio bene.
Antonio Masoni
P.S. i funerali di Giuseppe Mossa, 69 anni, si svolgeranno domani pomeriggio, martedì 11 dicembre alle ore 15.00, con partenza del carro funebre da viale Don Sturzo per la cattedrale di San Pietro