« Due disabili da accudire, non posso farcela».

« Ho due disabili in casa, mio marito e mia figlia». Inizia così il racconto di una donna di Tempio, Liana Oggiano, La sua è una storia di impotenza personale, di sfiducia verso le istituzioni che non dispongono di ore in più per sostenere il disagio di chi ha in casa non uno ma due realtà gravi.

«Mio marito Pietro Spano, è da 6 anni disabile. Una forma di policitemia grave in seguito ad emorragia cerebrale che lo ha reso oggi invalido, assente quasi del tutto, allettato. In questi 6 anni abbiamo richiesto aiuto al Comune per darci una persona per diverse ore della giornata. Mi hanno dato la persona ma le ore non possono bastare. Non parlo di soldi ma di avere aiuto fisico esterno per andare avanti».

foto archivio google

Lo sguardo si volge alla figlia Sabrina, 46 anni, dalla nascita su una sedia arotelle. Oggi è lei che disimpegna la mamma andando a fare la spesa nel vicino supermercato con la sua sedia  motorizzata. Non solo il marito dunque, che nella stanza a fianco si sente urlare nel sonno concitato, ma anche la figlia, che ha bisogno quotidiano di tutto. Lei non può farcela. Non sono sufficienti 3 ore  mattutine nelle quali una badante viene ad occuparsi di entrami, marito e figlia. A lei le due ore non bastano, a Pietro una sola ora che riesce a farsi dare, men che meno. Pietro, noto Pitrineddu, ha lavorato 35 anni in ospedale, dopo la pensione aiuta il fratello al bar del corso (Bar Puccio). Lo conoscono tutti a Tempio.

« Le basti sapere – continua Liana – che le tre ore bastano appena per le pulizie del mattino di Pietro e di mia figlia.  La sera si fanno esattamente le medesime cose del mattino ma io mi ritrovo sola, senza nessuno che mi dia una mano. Ho chiesto di poter avere il progetto Ritorno a casa».

Ritorno a casa, “disabili si, altri no”

L’Assessorato della Sanità e dell’Assistenza sociale pubblica (2006)una circolare indirizzata ai Sindaci dei Comuni della Sardegna e ai Direttori Generali delle Aziende Sanitarie Locali che fornisce alcuni chiarimenti in merito alla gestione del programma sperimentale “Ritornare a casa”. 

Il programma sperimentale è rivolto prioritariamente ad anziani non autosufficienti o a grave rischio di perdita dell’autosufficienza, alle persone con disabilità psichiche o fisiche, alle persone con disturbo mentale, ospiti di strutture residenziali a carattere sociale e/o sanitario, che esprimono il desiderio e sono nelle condizioni di ritornare a casa dalla propria famiglia. Le linee di indirizzo estendono il programma alle persone in condizioni di dipendenza assistenziale in quanto affette da patologie croniche invalidanti o in condizioni di disabilità, la cui permanenza nel proprio domicilio è gravemente condizionata dalla presenza di una rete di servizi.

I beneficiari del programma sperimentale non possono accedere alla graduatoria per i piani personalizzati in favore delle persone con handicap grave (Legge 162/98).

La delibera di legge sui disabili dice diversamente

« Ho fatto la domanda, a casa viene anche la Commissione medica per controllare mio marito. Mi dicono subito che non ho diritto di questa agevolazione, vista la patologia di cui è affetto mio marito. La malattia di Pietrino, insomma,  non è contemplata nella disposizione di legge. Cioè una emorragia cerebrale e la policitemia non bastano. Sapere che sta anche 7/8 giorni allettato, seppure cosciente a momenti ma quasi sempre in uno stato comatoso o pieno di dolori e prurito a tutto il corpo. Soffre di un’allergia da spasimo come conseguenza della sua patologia al sangue. Giorno e notte con un prurito insopportabile, urla disumane, così da 6 anni. Sono fissa a casa senza nemmeno poter uscire a farmi una commissione. Quando mio marito viene colpito da questi stati, perde la coscienza, non è capace più di intendere e volere».

La persona che accudisce sia il marito che la figlia, Tina, la definisce buona e molto attiva. E’ rumena e viene retribuita dai sussidi regionali che sono dati al comune. Quel che Liana rivendica è avere più ore a disposizione. L’aiuto, non sarebbe solo per il sostegno ai due familiari invalidi ma anche per lei stessa. Solo due ore le impiega per il marito, dopo la sua pulizia deve cospargerlo di un olio per attenuare il suo prurito patologico.

«Non ho la forza da sola di poter fare tutto, sono anch’io in età avanzata e devo pensare anche alla casa, ad uscire per sbrigarmi altro».

Per due disabili, le tre ore quotidiane non bastano

I soldi che le vengono dati ogni anno, non coprirebbero un’assistenza con più ore. Tre ore non bastano e ce ne vorrebbero almeno il doppio. Le persone invalide sono due e tre ore al giorno non bastano.

Il succo è tutto qui, in un racconto di sconforto, di impotenza, di impedimenti quotidiani, frustrazioni e pene senza termine, vita assente e obbligo di provvedere da soli a continuare un disagio a cui la legge impedisce una soluzione. “Il ritorno a casa” deve essere assegnato anche al marito. Liana sente che sia giusto e che non debba essere chiuso da una legge che impedisce di averlo perché la patologia di Pietro non lo prevede.

La figlia ” Per i disabili da una vita, le leggi non sono sufficienti”

Sabrina ascolta e parla di rado. La sua forza l’ha da quando è nata avendo consapevolezza di dover vivere per sempre in una carrozzina. Esce da sola per disimpegnare la madre, e già questo ci appare indegno perché anche lei ha impedimenti, vive con barriere architettoniche dappertutto.

foto archivio google

«Come potrei aiutare io mia madre e mio padre? Al massimo vado al supermercato a fare qualche spesa ma il resto? Me lo dici dove e come posso?». Una vita in lotta anche lei. Quando gli si era rotta la carrozzina motorizzata, la legge non prevedeva di sostituirla prima dei 5 anni. Ma quale legge, può prevedere che debba durare quel tempo? Un avvocato risolse allora il caso e la moto carrozzina le fu riassegnata nuova. La legge, seppure una sola volta nella vita di una paziente disabile, lo prevede. 

Una vita in guerra, carte e burocrazia a difesa di leggi magari ottime ma senza regolamenti di attuazione, o interpretabili e discrezionali, quindi impugnabili. La legge si rivela sbagliata al primo ostacolo che si presenta. 

Proviamo anche stavolta a denunciare un altro caso di ingiustizia, l’ennesimo che vuol provare a sensibilizzare anche l’opinione pubblica sull’argomento delle disabilità. Non sarà mai troppa l’informazione che ne deriva così come mai saranno abbastanza le attenzioni delle istituzioni preposte alla tutela di chi ha in casa non uno ma due disabili.

 

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