Tempio Pausania, Una folla commossa per l’estremo saluto a Sandro.

Tempio Pausania, 21 ott. 2017-

Non conoscevo Sandro Fresu, qualche volta ci siamo solo sfiorati camminando Uno di quei contatti che poi ti chiedi perché non siano mai accaduti, ma lo sai sempre tardi e soprattutto quando non è più possibile. Ho sentito il dovere di andarci in camera mortuaria, perché ho ritenuto fosse per me un dovere farlo. Nella famiglia del giovane scomparso ci sono persone che conosco e che stimo e ho capito pure il perché. Un dolore composto, senza quel sentirsi trafitti dall’impotenza o soffocati dal dramma della perdita di un giovane uomo con tutta la vita e le sue desiderate aspettative interrotte per sempre. Quando entri in un dolore così profondo, che è sempre un dolore altrui, devi lasciare da parte egoismi e personalismi e provare a riflettere sulla caducità della vita umana, sempre così frettolosamente maltrattata da posizioni che sembra non siano le nostre.

Entrando in quella segreta porta che ci porta alla riflessione, ti accorgi che molti elementi sono scappati via dal tuo maestoso ego, e torni ad essere compassionevole e vero verso chiunque. Persino una lacrima che ti esce fuori ha un sapore salato, e lo noti solo quando agli altri nascondi il viso con occhiali scuri, quelli dell’inganno esteriore ma anche specchio della tua anima sensibile. Attorno a te decine di persone si salutano, sono tutte venute per lui, alla fine saranno centinaia ad affollare il piazzale della chiesa del seminario.

Sfilano amici, parenti, colleghi, i fidali della classe ’70 e ci sono anche i bambini. Compagnetti di classe della piccola Chiara insieme alla loro maestra. Sono venuti con lei e per lei, una piccola che mostra il candore di chi ancora non capisce bene cosa sia successo. Mostra sicurezza, afferrando la mano della maestra che la guida coi suoi alunni davanti al feretro. Ci fanno uscire, giustamente, è un momento di strazio che non deve apparire tale nel ricordo di Chiara. Ha bisogno della mamma e di quei piccoli amici che le fanno cerchio, stringendosi in un dolore che loro non sanno ancora cosa sia. C’è tempo per tatuarsi il dolore, ed è giusto adesso averne visto solo una porzione enorme pensando fosse altro. Ci sarà tempo per l’assenza, ce ne sarà per la memoria ancor di più, quando i ricordi saranno delle foto sorridenti o qualche filmato conservato per la voce che non ascolterà o quel viso che non le sorriderà più in presa diretta. Quel momento, quell’attimo, invece resterà impresso in tanti dei presenti, caricato di sentimento e lacrime, stavolta salate, molto salate.

Quando pensi a tutta questa baraonda di sensazioni, ne avverti ogni pulsione come se fosse un altro cuore, ne respiri il respiro e lo fai diventare comunità di sentimenti, un posto dove spesso siamo assenti. Perché sappiamo stringerci attorno alla morte ma dimentichiamo di sentirci uniti nelle troppe sofferenze della nostra quotidiana lotta. Quanta fatica a far si che la morte non sia più vista come perdita di tutto ma un momento inevitabile in attesa di qualche altra gioia che verrà!

Una frase, tra le tante che si leggono sulla morte, mi ha sempre colpito ed è tratta da un libro di Tiziano Terzani “La fine è il mio inizio” 

“Che cos’è che ci fa così spavento della morte? Quello che ci fa paura, che ci congela davanti a quel momento è l’idea che scomparirà in quell’attimo tutto quello a cui noi siamo tanto attaccati. Prima di tutto il corpo. Del corpo ne abbiamo fatto un’ossessione.”

Oggi è stato un altro giorno di dolore per questa nostra comunità. Sandro era uomo brillante, generoso, affabile, tutti dicono così. Lui pensava di essere forte, sano, e non immaginava che presto, troppo presto, sarebbe finita. Io ho solo un rimpianto, piccolo quanto questo scarno ricordo: non averlo conosciuto e averlo solo incontrato, sfiorandolo.

Ciao Sandro.

Antonio Masoni

 

 

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