Tempio pausania, 27 gen. 2016-
Ma chi ha sempre colpito l’immaginario collettivo è stato senza dubbio, don Jaime Misorro-Riccio, un señor del ganado, nato a Tempio in data 4-10-1626[i]
Una ben radicata tradizione popolare lo descrive come un caballero potente e sanguinario, sempre impegnato ad imporre, con la violenza dei suoi servi-pastori, il diritto al pascolo, nei suoi numerosi rebaños che costeggiando il monte di Pulchiana ed il fiume Liscia, degradavano fino alle solitarie cussorgias di Vignola e Monti-Russu.
Da giovane aveva avuto una lunga e sofferta relazione sentimentale con la bellissima Angelica Addis, appartenente ad un modesto casato pastorale tempiese, spesso angariato dai Misorro, per motivi di pascolo. Per incontrarla era stato sempre costretto a mille sotterfugi favoriti anche dal fatto, che i genitori della ragazza erano soliti condurre le proprie bestie, aVignola, a nove ore di cavallo da Tempio.
Da questo intreccio amoroso, durato svariati anni, era nato anche un figlio, che don Jaime Misorro aveva, affidato, per tacitare i pettegolezzi, ad una coppia di suoi siervos, dimoranti in un rebaño de ovejas ubicato nell’ immediato circondario tempiese. Ma gli Addis, che avevano sempre visto con sospetto questa relazione amorosa, imposero alla giovane figlia un matrimonio con Antonio Corda, appartenente ad un clan pastorale amico[ii]; e questo, nonostante le minacce di don Jaime Misorro ed i suoi tentativi, sempre falliti di rapire Angelica.La vendetta non tarderà ad arrivare e sarà implacabile.
Ci racconta, infatti, la leggenda che don Jaime , messosi alla testa di una folta schiera di suoi scherani, dopo aver attirato in un’imboscata numerosi esponenti del clan degli Addis e dei Corda presso l’ Iglesia de la Virgen de los desamparados[iii](attuale piazza Gallura), con la falsa promessa di una composizione pacifica delle loro controversie, ne ammazzava ben diciotto , ferendone due, tra i quali lo stesso Antonio Corda.
Fu anche visto controllare,sprezzante, con la punta dei suoi stivali, uno ad uno, i volti dei suoi nemici uccisi e successivamente condurre ebbro di sangue il giovane rivale in amore nello scantinato del suo tetro palacio ubicato nell’attuale largo Gavino Pes, ove dopo otto giorni di detenzione decideva di ucciderlo a sangue freddo con una scarica di pallettoni.
Questo massacro, benché non sia stato l’unico compiuto in questi oscuri anni a Tempio non aveva tardato a suscitare in tutta la Gallura un enorme sconcerto ed unanime l’esecrazione,tanto da costringere il Virrej marques de los Velez (20-1-1673 / 18-9-1675) a nominare come suo alternos nel nord Sardegna don Matteo Pilo Boyl di Putifigari[iv].
La stessa Angelica, da qualche tempo gravemente ammalata di tubercolosi, ne rimaneva così colpita ed affranta, da morire subito dopo, per il sopraggiungere di una devastante tisi. Anche il figlio della colpa subiva una terribile sorte: moriva infatti di lì a poco, tragicamente, a causa di un incendio, appiccato da mani ignote, in una sughereta adiacente al cuile , ove veniva allevato dai genitori adottivi.
Alla notizia della tragica morte del figlio, don Jaime Misorro che, fino a quel momento, era rimasto sordo ai rimproveri della sua coscienza, scoppiava in un pianto irrefrenabile. Poi come un ossesso comincerà a vagare nelle immense solitudini della Gallura, nella vana ricerca di qualche indizio, che potesse condurlo agli autori dell’incendio, per cadere dopo qualche mese, inebetito dal dolore e dalla disperazione, in un profondo stato depressivo e finalmente, pentirsi del suo burrascoso passato. Da qui in occasione dell’Anno Santo del 1675, il suo pellegrinaggio a Roma per chiedere perdono a Papa Clemente X(1590-1676).
Lo stesso monseñor Juan-Battista Sorribas (1673-1678), oltre a prendersela con i ministros del Santo Oficio[v] per i loro inveterati soprusi , non mancava di sottolineare nella sua relazione ad Limina del16-3-1676 la particolare ‘ rissosità dei pastori galluresi e la facilità con cui si lasciavano trascinare nelle discordie[vi]’
Del resto anche il nuovo virrej don Francisco de Benavides de la Cueva, marquès de las Navas succeduto nel dicembre 1675 al marchese de Los Velez, non tardava a proibire l’uso delle armi ai familiares del Tribunal de la inquisicion, specie se tempiesi[vii]Al suo ritorno a Tempio don Jaime Misorro faceva immediatamente costruire all’imboccatura dell’attuale via Monti Masa, con l’autorizzazione dello stesso vescovoSorribas e in segno di espiazione, l ‘Iglesia de las Beneditas Almas del Purgatorio[viii], proprio nel luogo ove aveva massacrato i suoi avversari, come risulta dalla data 1679 scolpita nell’architrave del portale d’ingresso. Tra l’altro l’aveva dotata all’entrata di un acquasantierain marmo con le sue iniziali scolpite e sopra l’altare di una grande tela attribuita al pittore marchigiano Giuseppe Ghezzi(1634-1721) molto attivo a Roma in quegl’anni[ix].
Nel mese di luglio dello stesso anno, ordinava una statua in marmo dedicata a Santiago apostol da posizionare nell’omonima iglesiacampestre sita in località Calcinaggju, presso Bassacutena, ove i Misorro possedevano i loro rebaños[x].
Ma ormai, gran parte della società pastorale gallurese, cominciava decisamente ad avviarsi verso un cambiamento dei suoi usi e costumi tribali; e questo, non solo per il naturale evolversi dei tempi, ma anche perché gran parte dei señores del ganado avevano deciso di rincorrere, nella legalità, nuove e concrete prospettive di ricchezza ed imborghesimento, grazie anche al nuovo clima di pacificazione portato avanti dalvirrej don Francisco de Benavides de la Cueva.Lo stesso inesorabile evolversi dei tempi li aveva costretti ad individuare per i loro figli cadetti sbocchi professionali più remunerativi come il sacerdozio, l’avvocatura e soprattutto la carriera militare rispetto all’allevamento del bestiame , fino ad imporre, il velo monacale alle vedove e soprattutto alle figlie nubili, se non altro per non correre il rischio di subire realtà matrimoniali, poco consone al rango sociale che da qualche tempo stavano faticosamente acquisendo. A parte i tanti pastores corsi, che con il loro insediamento sparso nelle immense solitudini sub costiere contribuivano decisamente a rompere certezze proprietarie ed equilibri di potere, ritenuti da troppi anni consolidati fino a soppiantare con il loro dialetto la lingua sarda autoctona .
[i]Quinque Libri della cattedrale . Tempio. E attestato un Jacobus Franciscus Misorro battezzato il 04.10.1626
[ii] Nuova Sardegna, 17-18 febbraio 1923, Giovanni Galluresu.
[iii] V. Angius, in G. Casalis, Diz, Stor. Geog. Stat. voce Tempio To 1850. M.Careddu .Storia della Chiesa in Gallura.In La Frisaia.104.AnnoXX, sett-ott.2006 . La chiesa dellaVirgen de los Desamparados prima di essere abbattuta nel 1863 dal sindaco dottor Ignazio Manca per edificare nel 1882 il palazzo del comune era stata visitata negli anni ‘40 dall’abate Vittorio Angius, <…piccola ed oscura, la quale dopo che mancarono le monache, si è tenuta aperta per poter satisfare agli obblighi di due o tre cappellanie>. Questa Virgen era patrona di Valenza e si festeggiava ogni seconda domenica di maggio.Proteggeva i ninos desamparados, expositos y abandonados , i locos, le prostitute fino a prendersi cura dei condannati a morte. Non èi un caso che da questa chiesetta partiva lacarrera longa per la Curia baronale e Lu runzatu che portava al patibolo sito sul colle di san Giuseppe.
[iv] G. Casalis, Diz. Geogr. Stor., Stat. Comm. TO 1981, vol. IX,Voce Sardegna,pag.710-711. Il vicere de los Velez, prima di visitare Tempio nominava come suo alternos, il barone Matteo Pilo Boyl di Putifigari,.
[v]A. H. N., Pleitos de competencias del tribunal de la inquisicion de Cerdeña y jurisdiction real S.XVI/ S.XIX S.XVI/ S.XIX leg. 1630 exp 25. 1675-76. Pleito de competencias entre il tribunal de la inquisicion y el obispo de Ampurias Juan Bautista Sorribas competencia y causa de honor del santo officio contra el obispo de Ampurias Juan Bautista Sorribas, sus ministros y otros por haber amotinado al pueblo, tomado las armas y cerrado las puertas de la ciudad a los ministros del Santo officio,injurandolos al dicho obispo perdiendo el respecto por iscrito al inquisidor
[vi] M. Careddu. Storia della Chiesa in Gallura. In La Frisaia.n°102-103. Anno XX.Juan Battista Sorribas ricoprì la cattedra di Ampurias e Civita dal 25-9-1673 morendo a Nulvi il 24-11-1678. Aveva sempre ignorato l’esistenza della chiesa collegiata tempiese. Tra l’altro nella sua Relazione ad Limina del 16-3-1676, aveva sempre stigmatizzato la rissosità dei clero e dei fedeli galluresi e segnalato la facilità con cui partecipavano alle faide o si lasciavano trascinare nelle discordie .
[vii]A. H. N., Pleitos de competencias del tribunal de la inquisicion de CerdeñaS.XVI/ S.XIX leg. 1630 exp 25. 1676-77. Pleitos de competencias entre il tribunal de la Inquisicion y el virrey de Cerdena Francisco de Benavides de la Cueva conte di Santisteban sobre haber mandado desterrar a los familiares del Santo officio de la villa de Tempio( Diego Ricio Maxo) conpenas de demolizion de sus casas confiscacion de sus bienes y de muerte, sin causa de delito
[viii]G. Casalis Diz. Geogr. Storico, Stat. Commerciale, Voce Sardegna, pag. 113-114. La chiesa del Purgatorio presenta una facciata con terminale a capanna e portale architravato sormontato da un finestrone centinato. L’interno è a navata unica divisa in due campate da un arco diaframma reggente un tetto a due falde ligneo, mentre il presbiterio è coperto con una volta a botte..
[ix] M. Farquhar, Biographical catalogue of the principal Italian painters, a cura di Ralph Nicholson Wornum, London 1855
[x]A. Murineddu, La Gallura, Ed. Fossataro 1962, pag. 156. A Calcinaggju, presso Bassacutena, fu edificata nel 1666 dalla famiglia Misorro una chiesetta, dedicata a san Jago apostolo Mata-moros. A poca distanza in località “Lu Macchjettu”, ove sorgeva, nel Medio-Evo, l’antica capitale del Giudicato di Gallura villa Surake, si trovavano invece i ruderi delle chiese di santa Maria di Suraga, di san Pietro e di san Simplicio.In questa cussorgia, nella seconda metà del XVIII secolo, don Matteo Misorro-Guillermo aveva ereditato dal suo avo, don Protho Misorro un “rebaño”, che gli era stato usurpato dai suoi servi-pastori. Per rientrarne in possesso aveva dovuto affrontare, una costosissima lite .