Coronavirus, c’è da preoccuparsi? Intervista al Prof. Menichetti.

Il coronavirus è l’epidemia in atto estremamente diffusiva e anche pericolosa. Lo spiega il prof. Menichetti, dell’Università di Pisa, U.O. Malattie Infettive A.U.S.L. Toscana. La sua disamina è perfetta e da sufficienti indicazioni su come comportarsi e quali presidi di tutela adottare per prevenire il contagio. Le due vittime italiane e i 30 casi di contagio già accertati, destano serie preoccupazioni nelle comunità italiane. 

L’intervista, a cura di Michele Piccinnu, originario di Nuchis, di Radio Bruno, da anni trapiantato a Viareggio, che ha voluto inviarci questa intervista, è esaustiva in ogni suo passaggio. Vi sono linee guida semplici e molto utili specialmente per chi si dovesse trovare in questi giorni di Carnevale in ambienti promiscui e affollati. Norme igieniche di base, come lavarsi spesso e bene le mani, sono già il primo passo.

«La trasmissione del contagio- dice Menichetti– è facile. L’infezione degli operatori sanitari, ad esempio, è molto probabile. Già questo si sapeva dalla Cina che ha già circa 2.000 decessi. Il focolaio lombardo, conta già 5 operatori sanitari, tra medici e infermieri. Evidente che non si sono usate le precauzioni necessarie per assistere il paziente infetto».

La chiarissima esposizione del Prof. Menichetti, è assolutamente da ascoltare. 

Sul coronavirus il parere di un operatore sanitario che indica prudenza.

Una cosa importante è proprio quella di evitare la diffusione. La politica su questa cosa non nasconda la testa sotto la sabbia anche perché i provvedimenti da adottare sono molto anti popolari. Il medico interpellato, scrive che le indicazioni vengono date agli operatori sanitari da parte dei sindacati e alle altre istituzioni. Massima prudenza e attenzione indistintamente, sia che operino nei territori a rischio che da altre parti vanno in questa direzione. Informazioni che vanno divulgate

«Dobbiamo partire da due presupposti il primo è che la sanità non è preparata e la prova è l’alto numero di operatori sanitari contagiati. Il fatto che ben cinque operatori sanitari abbiano contratto il virus in Lombardia la dice lunga. Il fatto lo reputo assai grave. Il secondo presupposto è che diamo per assodata la capacità di intervenire su questa patologia, letale soltanto per il 2% dei contagiati. Il dato è quattro volte superiore comunque alla letalità dell’influenza ma sono i numeri che preoccupano.  Perché in caso di epidemia abbiamo come risultato il collasso del sistema inteso come sanità territoriale e ospedaliera. Facendo sempre riferimento ai numeri sappiamo che il 5% dei contagiati avrebbe necessità di cura da terapia intensiva. Quindi già con duemila contagi ammettiamo tra Tempio e Olbia son circa cento posti in terapia intensiva. Posti che mancano».

«Dando per assodato che comunque ci dobbiamo aspettare qualche caso positivo al corona virus – conclude l’operatore sanitario – le prime misure di profilassi devono mirare a; 1) evitare i contagi; 2) se questo non fosse possibile limitarne il numero per contenerli dentro la condizione di poter affrontare l’emergenza. Un esempio: un conto è curare o intervenire su duecento persone in dieci settimane un altro conto è invece curare o prevenire su duecento casi in una settimana. Un’epidemia adesso, metterebbe la sanità in ginocchio, dal momento che costringerebbe lalla profilassi centinaia di individui venuti a contatto con una persona infetta ».

Un altro dato dice che in Gallura non c’è registrato nemmeno un caso di coronavirus ma questo non ci deve esimere dall’adottare misure specifiche per evitarne il contagio. Forse dobbiamo invece fare il discorso inverso. Cioè, soprattutto perché finora siamo stati fortunati, è necessaria una profilassi severa. 

 

 

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