Tempio Pausania, Piazza Faber, la lettera (integrale) inviataci da Franco Maciocco e altri passaggi sulla ricostruzione storica della vicenda.

Tempo Pausania, 25 feb. 2016-

Questa vicenda, oramai intrappolata tra le funi dell’eccessiva contestazione, ad opera ora di uno ora di altri, deve avere una diversa chiave di lettura, sia da un punto di vista artistico che da quello amministrativo, viste le varie guide che da quel lontano 2004 la città ha avuto. Iniziamo col pubblicare integralmente la lettera che il Dottor Franco Maciocco, vecchio amico di Fabrizio e rappresentante della omonima fondazione che in tutti questi anni ha sempre ricordato il grande cantautore in varie occasioni, ha voluto inviarci tramite la figlia. Leggendo la lettera, si ricavano sufficienti informazioni per rispondere ai detrattori dell’opera ed altrettante esaurienti elementi per capirne il reale significato, questo aldilà delle opinioni che, come giusto che sia, tutti hanno il diritto di esprimere.

«A proposito della “Piazza Fabrizio De Andrè”

Leggo attonito e stupito un articolo a firma Angelo Mavuli pubblicato sulla Nuova del 23 febbraio u.s. dove compaiono, “virgolettate”, alcune considerazioni di don Sandro Serreri sul progetto di riqualificazione della piazza di Lu Malcatu elaborato dall’architetto Piano, in fase di esecuzione a Tempio.

Attonito e stupito non tanto per le critiche mosse al progetto (ognuno è libero di avere proprie idee in proposito) quanto piuttosto per la durezze e veemenza delle cosiderazioni esposte, che sono cosi lontane dai messaggi d’amore e di “pietà” per i “diversi” di cui è permeata tutta la poesia di De Andrè.

Si parla di “violenza alla piazza che deve essere impedita e respinta in massa dall’intera città” di “posa di cavi strana, fuori luogo e stonata, insomma orribile” di “opera brutta perchè fuori posto” e si conclude auspicando “che siano tanti i tempiesi che si indigneranno per questo atto di violenza contro la nostra identità, la nostra galluresità e anche la nosta dignità e che sia indetto un referendum che cancelli l’opera”.

Ho avuto il privilegio di frequentare Fabrizio durante tutta la sua permanenza a Tempio e in Gallura (circa ventiquattro anni) e credo di poter dire che egli ha rispettato la nostra identità, la nostra galluresità e anche la nostra dignità al punto da integrarsi perfettamente nel mondo agro-pastorale della nostra regione, nonostante la triste e nota vicenda.

Pensare che un’opera cosi  importante, a lui dedicata in  modo del tutto spassionato da colui che gli è stato profondo e sincero amico in vita, considerato tra gli architetti più importanti al mondo, possa urtare la nostra suscettibilità di galluresi è fuorviante e offende la comune intelligenza.

la foto dell’incontro a Nervi (studio Renzo Piano) tra Renzo Piano el a Fondazione De Andrè 18/04/2005 – Foto di Maria Francesca Maciocco

Fabrizio amava la Sardegna e in particolare la Gallura con le sue “dolci colline” che gli ricordavano la sua Liguria. Si era trasferito in Gallura, dirà in un’intervista “ non per fuggire, ma per ritrovare la campagna, l’erba, il fieno, la terra, i graniti e quel certo tipo di luna meno diafano, molto più carnale di quello che ci appare in città; e gli stronzi di vacca che diventano legno sotto il sole, e il dialetto che rende più saporite anche le bestemmie più limpide”.

Egli ha, naturalmente, continuato ad amare la sua Liguria, “terra protesa nel mare “, per la quale ha sempre mantenuto un profondo affetto e dove aveva anche deciso di comprar casa “proprio sul porto per avere un piede in Sardegna e  l’altro nella regione della mia nascita”.

Da buon genovese amava il mare, le barche, le vele, le sartie; aveva avuto per qualche anno una barca a vela che aveva chiamato “Jamin-A” con la quale aveva veleggiato per quasi tutto il Mediterraneo, fino alla Grecia e oltre.

Negli ulimi anni della sua vita mi aveva manifestato il desiderio di comprare una barca a vela ancor più grande, per tentare la traversata atlantica con partenza dalle Canarie e arrivo in Brasile.

Da un lato, quindi, l’attaccamento alla terra, retaggio dell’età giovanile e del periodo vissuto a Revignano d’Asti nella cascina della nonna, dall’altro il desiderio di veleggiare per altri lidi per poi ritornare, in ossequio al concetto più volte da lui espresso che “per restare bisogna partire e per tornare bisogna passare, proprio come di fronte al mare, dove ogni onda è un’altra”.

E’ stato forse anche l’amore per il mare che lo ha portato ad apprezzare tutta l’opera di ‘Alvaro Mutis, al punto che in “Smisurata preghiera”, mirabile sintesi del pensiero del poeta- scrittore boliviano e in particolare sintesi della “Summa di Maqroll il gabbiere”, Fabrizio si identifica appunto nel gabbiere, il marinaio addetto alla vele di gabbia (quelle più alte sull’albero maestro), che dall’alto della sua posizione invoca il Signore “a ricordare questi servi disobbedienti alle leggi del branco, a non dimenticare il loro volto, che dopo tanto sbandare è appena giusto che la fortuna li aiuti, come un dovere”

L’intuizione dell’architetto Piano, da noi condivisa fin dal primo incontro nel suo studio di Nervi nel novembre del 2004, è stata, quindi, quella di rappresentare con il suo progetto i due fondamenatli riferimenti della vita e dell’opera di Fabrizio e cioè il riferimento alla città vecchia, ai mercati con “quell’aria spessa, gonfia di odori”, ai graniti di Monti di Mola, e il riferimento al mare, alle mulattiere di mare, alle vele di Maqroll il gabbiere.

Una intuizione che solo chi ha conosciuto nel profondo Fabrizio e la sua poesia può valutare appieno.

Vorrei, da ultimo, ricordare una invocazione tratta dal bellissimo articolo di Michele Serra comparso su un quotidiano all’indomani della morte di Fabrizio:

“Che la sua anima riposi in Supramonte, o in via del Campo, o a Spoon River o nel letto del fiume Sand Creek, dovunque una sua canzone abbia restituito bellezza e dignità agli uomini”

 Forse è un desiderio troppo grande, ma mi piace credere che tutti coloro che hanno conosciuto Fabrizio, anche tramite le sue canzoni, possano domani pensare che la sua anima riposa anche in piazza di Lu Malcatu  (Piazza Fabrizio De Andrè) tra l’elegante portico dell’antico mercato, i graniti dei palazzi, le splendide vele di Renzo Piano.

Con buona pace di Don Serreri»

Franco Maciocco     

Sin qui la lettera del Dottor Maciocco che ringraziamo per avercela fornita. A questa si deve aggiungere qualche dettaglio di carattere amministrativo che ripercorre, per sommi capi, il percorso burocratico del progetto.

L’amministrazione Pintus, che ha guidato per 10 anni (2000-2010) la città, non si era mostrata particolarmente sensibile alla realizzazione della piazza. Con l’avvento della giunta Frediani (2010-2015), attraverso gli assessorati ai LLPP e alla cultura, ci si rituffò nella fase di reperimento dei fondi per la sua realizzazione.

Come scritto in altre occasioni, le risorse finanziarie necessarie alla realizzazione del primo stralcio del progetto per Piazza Faber (6 delle 12 vele previste) fanno riferimento ai fondi del “Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013” Misura 313 – GAL Alta Gallura – Gallura a supporto del turismo in area rurale. L’Unione dei Comuni Alta Gallura ha ottenuto il finanziamento regionale per interventi nel Comune di Tempio Pausania e in altri comuni dell’Unione. Si tratta, per questa prima fase del progetto, di un importo complessivo di 165.000 euro per l’intervento di piazza Faber.

Le polemiche, nate ovunque nella rete stanno a indicare una particolare attenzione della gente verso questa opera e ci si imbatte ogni giorno in opinioni e vedute diverse. Molti si scoprono esperti, la cosa però non è nuova, altri conoscono l’ammontare finale della cifra che invece è assolutamente ignoto, visto che i fondi per l’ultimazione devono essere trovati dalla giunta Biancareddu. Tant’è che proliferano consensi e dissensi, magari trascurando altri aspetti essenziali che andrebbero invece risolti con priorità. Piazza Faber si farà, piaccia o non piaccia al curato o all’esperto d’arte, o ingegnere, o architetto o artista, rispettabili persone che detengono il patentino ufficiale della loro opinione, alla pari di chiunque altro. Da ciò ad elevarsi al di sopra di tutti gli altri, poveri sciocchi ignari di cosa sia una piazza, di tipo moderno in un contesto antico, che la lettera di sopra spiega sin troppo bene nelle sue motivazioni artistiche, ci passa un oceano.

Tuttavia, per rendere efficace un’operazione come questa, oltre ciò che ciascuno di noi pensa, è necessario vederla ultimata ed evitare di mettere in discussione qualcosa che non richiamerà fiotti di turisti, non migliorerà la stato delle strade cittadine, non arrecherà benefici alla comunità tutta, ma è indiscutibile che l’opinione pubblica è riuscita a scuoterla. Già questo mi pare un dato positivo così come un marchio di grande architetto di fama mondiale che ha ideato l’opera e che la omaggiò alla città più di 10 anni fa.

Antonio Masoni

    

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